Emetophobia Help with Anna Christie

Superare l'Emetofobia: Conversazione con la Dottora Manuela Bassetti

January 13, 2024 Anna Christie Season 4 Episode 6
Emetophobia Help with Anna Christie
Superare l'Emetofobia: Conversazione con la Dottora Manuela Bassetti
Show Notes Transcript Chapter Markers

Il sito del Dottora Bassetti: https://www.manuelabassetti.com/

SEASON 4 of Emetophobia Help TRIGGER WARNING: Words such as "vomit,” “throw up” and "sick" may be used. 

Host: Anna Christie, Psychotherapist and Emetophobia Specialist

Intro Music: YouTube Audio Library, "Far Away (Sting)" by MK2, Used with Permission.

Anna’s Website  - INFO for emetophobics: www.emetophobiahelp.org

10 Emetophobia CLASSES with Anna: info at www.emetophobiahelp.org

Facebook Group: Emetophobia NO PANIC

ANNA & DAVID’S BOOK: Emetophobia: Understanding and Treating Fear of Vomiting in Children and Adults: Russ, David, Dr., Christie, Anna S., 

EMETOPHOBIA RESEARCH CHARITY: www.emetaction.org

FOR KIDS:
 "Turnaround Anxiety Program" with Emetophobia supplement (McCarthy/Russ) and 

 Emetophobia! The Ultimate Kids' Guide eBook : Russ. PhD, David

Support the Show.

Anna and David’s NEW Resource Website: www.emetophobia.net

Speaker 1:

Benvenuti a tutti a mio podcast. Il mio podcast parla di metafobia. Studiato italiano all'università, stato molto tempo fa. Per te noi, mio italiano è pessimo. Parlo oggi con la dottora Manuela Bassetti. Benvenuta. Senti solo partì italiano del podcast. Serina l'interpreté e, dottora Bassetti, Mi scusi per il mio italiano.

Speaker 2:

È molto interessante per tutti i colori che parteciperanno. Perfetto, grazie. Io ho abvisato anche i miei pazienti che avrei avuto in un podcast con Anna Cristi. Io sono pronta per questa intervista e per condividere con te quelle che sono le informazioni sull'emetofobia, in merito anche a quella che è la situazione italiana. In Italia si parla ancora poco di metafobia, è una fobia ancora veramente poco conosciuta, però qualcosa si sta cominciando a muovere. È un piacere condividere le nostre esperienze in questa serata. Quindi sono pronta a condividere con te la mia esperienza professionale. Io sono un medico e poi mi sono specializzata in psicoterapia e in dirizzo psicodinamico, anche se attualmente cerco di utilizzare un modello integrato in cui conigo gli aspetti più psicanalitici, psicodinamici, con aspetti più di tipo cognitivo-comportamentale, soprattutto nel trattamento delle fobie.

Speaker 2:

Il mio interesse per l'emetofobia è nato quando, qualche anno fa, ho avuto un carico con paziente. Io lavoro come libera professionista, quindi ho avuto un carico con paziente un giovane uomo di circa 25 anni che soffriva di metofobia. Ho iniziato a studiare meglio questo disturbo, cercando alcuni libri, cercando articoli legati alla letteratura scientifica internazionale per cercare di curare e meglio offrire le cure migliore a questo giovane paziente. Mi sono accorta del profondo divario che esisteva tra quanto questa fobia sia spesso invalidante per vasiva nelle persone e quanto contemporaneamente sia veramente poco studiata, poco conosciuta, sotto stimata. Mi ha colpito molto come mai un disturbo così invalidante avessi anche da parte della comunità scientifica così poco attenzione, e questo mi ha invogliato ad approfondire fino a diventare appunto l'emetofobia un po' al centro del mio lavoro. Quindi si appunto nella scrittura di un libro che è nella creazione proprio di un centro di metofobia in cui curo paziente e metofobici.

Speaker 3:

Ok, Manuela, ti ringrazio molto per tutto il lavoro che hai fatto. Io ormai ho una certa età, quindi non so se riuscirò ad arrivare al giorno in cui tutta la comunità scientifica o comunque legata alla psicoterapia sarà a conoscenza di questo disturbo, ma mi auguro che, come tu in Italia, ci siano altre persone come te in Italia interessate all'argomento, così anche in altri paesi. Quindi speriamo che si aumenti la consapevolezza rispetto a questo tipo di disturbo.

Speaker 2:

Grazie Anna, invece, per aver un po' fatto da sparti acqui rispetto a un mondo in cui si parlava veramente poco di metofobia, un mondo in cui comunque comincia a essere più presente il concetto di metofobia. In Italia non ci sono ancora molti centri specializzati. Effettivamente molti pazienti arrivano da me dopo anni che hanno ricevuto anche diagnosi in parte errate, magari diagnosi di surbi alimentari, diagnosi di pocondria, diagnosi di fobia sociale. Possono esserci queste componenti, però appunto spesso come forme secondaria rispetto alle metofobia. Quindi spesso i pazienti arrivano con delle diagnosi sbagliate, quindi dei percorsi diciamo lunghi, precedenti che non hanno risolto il problema. Però comincia a qualcosa a muoversi. Oleggo sempre più articoli, anche in italiano, articoli di psicologia, blog che cominciano a parlare di metofobia. È nata recentemente una community sui social che accoglie pazienti metofobici da tutta Italia, quindi qualcosa comincia a muoversi.

Speaker 2:

Diciamo che manca ancora un aspetto più forse di ricerca scientifica. Ho trovato più ricerca nel mondo anglosassone, quasi inesistente nel mondo italiano. Quindi da questo punto di vista sicuramente c'è ancora molto da fare, però qualcosina comincia a muoversi. Quindi, da questo punto di vista, insomma, io sono fiduciosa che presto le metofobia acquisirà una maggiore dignità diagnossica e anche terapeutica. Sì, sicuramente ci sono stati molti casi di, diciamo, diagnosi sbagliate o falsi miti in merito alle metofobia.

Speaker 2:

Ho pazienti, appunto, che sono stati magari trattati a lungo come pazienti con disturbi alimentari. Soprattutto sono stati valutati come pazienti anoressici e quindi sono stati trattati per anni per un disturbo che effettivamente non avevano, perché il cuore del problema non era la paura del peso corporeo e dell'ingrassare, quanto appunto la paura di stare male, la paura di vomitare. Fondamentalmente Mi viene da dire che, almeno per quella che anche un po' la mia esperienza non so se coincide un po' con la tua Anna un altro problema legato al, diciamo, al falso mito delle metofobia è che spesso viene considerata oltre, più rara di quello che è. Soprattutto viene sottovalutata nella sua gravità, perché le persone non emetofobiche spesso pensano ok, ho la fobia del vomito, quindi il mio malessere si manifesta solo nel momento in cui vomito. Se io vomito una volta ogni 10 anni, il problema, l'ansia laverò una volta ogni 10 anni.

Speaker 2:

In realtà quello che non viene capito è che l'oggetto fobico è nel corpo del paziente, è dentro il suo stomaco, è dentro un riflesso che è nato e quindi il paziente convive con la sua paura potenzialmente a 24. Quindi un paziente metofobico è un paziente che ha una fobia estremamente pervasiva, che può mangiare letteralmente tutta la sua vita professionale, scolassica, familiare, effettiva, nutrizionale, e questo spesso da chi non conosce il problema non viene capito, non viene compreso e anzi il paziente addirittura ha avuto pazienti che sono stati definiti capricciosi, che si comportavano in un certo modo perché volevano attirare l'attenzione. In realtà erano terrorizzati da qualcosa che viveva dentro di loro, nel loro stomaco, ogni giorno nella loro vita. Quindi, secondo me questo è una grosso limite, perché la paura non è appunto la paura del vomito in sé, quanto l'idea che possa accadere e questo potenzialmente, in quanto a esseri umani, potrebbe accadere tutti i giorni. Quindi un soggetto metofopico potrebbe avere paura ogni giorno nella sua vita. Questo non è molto difficile da capire per chi non ne soffre. Sì, anch'io più o meno queste stime come numeri.

Speaker 2:

In realtà non posso dire che siano proprio specifiche per l'Italia, proprio perché non esiste una letteratura scientifica italiana. Quindi, essendo però, diciamo, la nostra cultura, il nostro mondo, il nostro stile di vita abbastanza simile a quello anglosassone, credo che più o meno possiamo pensare che le stime siano simili, il che vuol dire che ha rapportato alla popolazione italiana. Siamo circa intorno alle 60.000, barra 120.000 persone che hanno un problema di emetofobia grave, tanto appunto da essere considerato un disturbo che necessita di cura, una cosa che mi sento un po' di condividere rispetto a quella che è la caratteristica italiana e che non so se un pochino ci differenzi a rispetto, ad esempio, ai paesi nordici, è che in Italia il cibo è proprio un simbolo. In Italia il cibo, il mangiare, lo stare insieme a tavola rappresenta un momento conviviale estremamente importante.

Speaker 2:

I momenti più significativi della vita delle persone in Italia a spesso si diciamo, manifestano, si esprimono intorno a una tavola, intorno a qualcosa da mangiare, quindi sinonimo di ospitalità, di convivialità, di prendersi cura, di amore, di famiglia, di amicizia. Per cui è chiaro che nel momento in cui lo stare a tavola al nutrirsi, il mangiare, il mangiare di fronte ad altre persone, con altre persone, è così presente in una cultura chi non riesce ad accedere a questo tipo di momenti proprio per problematiche alimentari, come diciamo nel caso delle metofobia, il vissuto di esclusione sociale, di estranetà e anche di senso di diversità, quindi senso di disvalore, può essere molto forte. Quindi questo ovviamente non significa che negli altri paesi chi soffre di metofobia abbia un dolore inferiore. Però è come è venuto un po' da riflettere in questo periodo su cosa può rappresentare le metofobia in paesi dove, appunto, molte manifestazioni, anche affettive, relazionali, passano proprio attraverso il mangiare e lo stare tutti insieme a tavola.

Speaker 3:

Penso che questo sia valido per molte altre culture Magari, non la mia. È triste, però, perché il cibo italiano è davvero buonissimo, è vero, è una stimola per essere tritato e per rilassare. Parliamo un po' del modo in cui tratti le persone affette da hemetofobia.

Speaker 2:

Sì, come avevo un po' anticipato all'inizio di questa intervista, il mio approccio è un approccio integrato. Quindi utilizzo tecniche di derivazione cognitivo-comportamentale soprattutto per aiutare le persone a costruire delle esposizioni graduali, a lavorare su l'identificazione e la progressiva eliminazione di tutti quelli che sono i comportamenti di sicurezza che in qualche modo alimentano e cronizizzano la fobia. Ogni l'obiettivo è un po' quello di investigare quelli che sono i circoli viziosi che sottendono le metofobia e pian pianino scardinarli ed eliminarli. Accanto a questa impostazione, che prende anche un po' spunto dalla terapia razzionale e emozionale comportamentale di Arbel Tellis, quindi la costruzione, per esempio, di schemi a bici per andare a investigare i pensieri che legano eventi ed emozioni negative accanto a questo il mio background porta anche a sviluppare un approccio psicodinamico, soprattutto per quei pazienti che hanno dei vissuti traumatici alle spalle, soprattutto vissuti traumatici infantili, a volte connessi in maniera diretta a episodi di vomito, o personali, a quando si sito. A volte anche vissuti traumatici collaterali familiari, non direttamente connessi alle metofobia, ma che hanno comunque creato delle lacune all'interno del sé.

Speaker 2:

Mi capita di lavorare con persone in cui sé non è sufficientemente coeso, non è sufficientemente sicuro, ci sono disturbi nei sistemi di, diciamo, accudimento, per cui queste persone hanno sviluppato un adattamento insicuro all'interno, per esempio, dei loro sistemi familiari.

Speaker 2:

Quindi cerco un po' di integrare queste due componenti quando ritengo che l'approccio cognitivo, comportamentale da solo non sia sufficiente e, collateralmente, cerco anche di sfruttare quelle che possono essere tecniche che lavorano anche un po' sul versante psicosomatico, come per esempio tecniche riguardanti la my phone s o rilassamento psicofisico, la respirazione, soprattutto in quei pazienti in cui, per esempio, i sintomi neurovegetativi sono molto forti ed è importante imparare a gestire diversamente quella che è l'ipervigilanza somatica, quindi questo controllo quasiossessivo delle sensazioni corporee, e cercare di andare verso una maggiora tolleranza delle sensazioni sgradevoli, come anche, per esempio, la nausea oltre che l'ansia.

Speaker 2:

Il centro poi offre diversi tipi di approccio abbiamo delle consulenze singole per chi magari è la prima volta che riceve una diagnose, quindi vuole capire un po' il problema, o genitori, i familiari, che vogliono conoscere un pochino di cosa si tratta. Abbiamo percorsi di psicoterapia completi, diciamo, che quindi appunto si dipanano in un tempo più lungo, e poi ho creato un modello di intervento più breve, che si chiama M20, di 20 incontri, in cui si lavora in maniera specifica solo sulla gestione delle metofobia, per appunto insegnare alle persone come gestire le metofobia nella vita pratica. Quindi si tratta soprattutto di un intervento di tipo psicoeducazionale e di training. A seconda un po' dell'esigenza del paziente, cerco di modulare tutti questi aspetti e di scegliere il percorso che può essere più adatto per lui.

Speaker 3:

Meraviglioso, grazie. Il tuo libro, ne è parlato, uscire a dicembre. Ce ne vuoi parlare un po'?

Speaker 2:

Sì, il mio libro è in dirittura d'arrivo. Ringraziamo Serena per la traduzione. Fatti il libro, uscito in Italia già ad aprile, è stato un evento importante perché molte persone mi hanno scritto dicendo che per la prima volta si sono riconosciute in una descrizione, per la prima volta hanno potuto condividere il loro vissuto con familiari, partner, facendo leggere a loro volta il libro a amici, parenti, genitori, in modo tale che potessero comprendere meglio la sofferenza e la storia clinica dei loro cari. Quindi, diciamo, ho avuto in questo senso dei feedback che per me sono stati veramente preziosi e importanti anche umanamente. Il libro non è un libro di auto aiuto questo è un altro progetto che spero di realizzare ma in questo momento il libro offre soprattutto una panoramica descriittiva. Proprio perché in Italia non esisteva un libro che parlava di metofobia, ho voluto creare un libro che fosse una sorta di base da cui partire per conoscere il disturbo. Quindi consta di tre fasi.

Speaker 2:

Una prima fase viene descritta proprio cos'è le metofobia, vengono raccolti sintomi, vengono spiegati meccanismi di sicurezza, vengono fatti l'enchi in cui quindi i pazienti si possono riconoscere come comportamenti, vengono spiegati quelli che sono i circoli viziosi e come mai tendono a cronicizzare la fobia.

Speaker 2:

Una seconda parte dedicata alla genesi, che chiaramente è multifattoriale, di questo disturbo e questo per me è stato molto importante per aiutare le persone a capire che non è una colpa soffrire di metofobia, perché non è una colpa la predisposizione genetica, non è una colpa la storia di vita che hanno vissuto, specialmente nei primi anni, non è una colpa lo stile di attaccamento che hanno imparato nella vita, e non è neanche una colpa l'ha eventualmente vissuto eventi traumatici, soprattutto in giovane età. Quindi questo volevo passare come messaggio. E infine, l'ultima parte è dedicata a quelle che possono essere le forme di aiuto, quindi alcune che il paziente o le persone in generale possono anche provare a mettere in atto in maniera autogestita, soprattutto per i casi meno invalidanti, e poi invece spiegare quelle che potevano essere invece i percorsi di cura nei casi in cui ci sia la necessità di affidarsi a un professionista.

Speaker 3:

Non so quanto possiamo parlarne, ma è quasi sim мо che in ogni persona emetofobica ci sia stato comunque un problemi di attaccamento nell'infanzia, o con la madre o con il caregiver primario. In quasi tutti i casi ho notato che effettivamente è così. A volte sono situazioni molto semplici, nel senso che i bambini che soffrono di emetofobia magari hanno sofferto molto il rientro al lavoro della madre, oppure la madre era in ospedale perché doveva partere il secondo figlio, perché magari un altro figlio aveva problemi di salute e quindi doveva stare in ospedale. E quindi diciamo che non erano veri i propri problemi di attaccamento. Non erano madri terribili, per cui ci sono stati degli episodi devastanti, ma comunque è stato vissuto dal bambino in un determinato modo. Anche nel caso, ad esempio, i bambini nati prematuri o adottati, abbiamo notato che effettivamente era un disturbo che tendeva a manifestarsi.

Speaker 2:

Sì, anche nella mia esperienza, praticamente in tutti i pazienti si può riscontrare una qualche fragilità chiamiamola così all'interno del sistema di attaccamento. Alcune storie evidenziano proprio degli aspetti, diciamo, traumatici e traumatizzanti all'interno delle storie di vita. In molte altre situazioni, come Bendicituana, non si rileva una famiglia disfunzionale, ma si rilevano dei eventi di vita che magari il bambino, con la sua sensibilità appunto di bambino, con la sua prospettiva di bambino, ha letto magari in chiave abbandonica, o comunque ha letto come una cosa di più, un momento in cui non si è sentito sufficientemente protetto dai suoi caregiver, spesso appunto, in primis dalla figura materna. Un substrato emotivo che non so se anche tu, anna, hai percepito nei tuoi pazienti, è spesso questo senso di impotenza, come se le persone, appunto, fossero soverchiate in qualche modo dalla loro paura, dal non riuscire ad affrontare la situazione pezzo dicono, non ce la posso fare, non lo posso tollerare, mi sento in valia delle emozioni che provo, mi sento in valia delle sensazioni del corpo, come se davvero fossero completamente impotenti.

Speaker 2:

Quindi, al di là che ci sia stato un effettivo trauma, la storia di vita della persona o meno, però questa sfumatura traumatica che è caratterizzata da questo senso di impotenza, che è lo stesso che si percepisce nei grossi traumi, ecco, io questo lo respiro come se ci fosse davvero nell'aria qualcosa di traumatico, di impotente, che non si riesce a daffronare, come se non ci fosse appunto, la padronanza delle situazioni, come avviene nei grandi traumi, a prescindere che questo poi si avvenuto veramente o meno. Però è come se ci fosse un po', in base, questo imprinting di impotenza, diciamo su base traumatica, che un po' si respira. Parlando con queste persone Io ho sempre un po' questa sensazione quando parlo con loro c'è sempre un po' questo aspetto e è anche quello che mi vien da dire, è uno, almeno per come la vedo io, degli aspetti che è importante restituire al paziente c'è il senso di padronanza del proprio percorso di guarigione. Quindi, passare dall'idea che il paziente sia colpevole per il fatto della sua sessione, per il fatto di aver sviluppato un'emetofobia, quanto invece costruere l'idea che il paziente ha la responsabilità del cambiamento, nel senso che nessuno lo può fare al posto suo, il terapeuta, i familiari, il partner possono essere di supporto, ma è il paziente che è padrone, diciamo così, del proprio destino, nel senso che è lui che si deve mettere in gioco se vuole veramente cambiare.

Speaker 2:

Quindi, non colpevolizzare ma responsabilizzare, secondo me è un aspetto importante. Io spesso ai miei pazienti faccio sempre un po', l'esempio che nel romanzo di formazione il ragazzino, per diventare eroi, deve passare lui attraverso il bosco oscuro. Nessun altro lo può fare. Ci possono essere gli elfi, le fate che accompagnano, ma il viaggio attraverso il bosco buio è il suo E lo stesso modo il paziente deve attraversare il suo bosco. Deve essere responsabilizzato, ma non colpevolizzato. In questo senso.

Speaker 3:

Mi piacerebbe potessimo parlare la stessa lingua, perché mi piaci molto. Prenderei un volo per l'Italia mangiare del cibo con te, parlare in italiano e di tutto questo? Sì, mi piacciono appunto i concetti che hai esposto ora, il concetto dell'abbandono, della padronanza, dell'impotenza, della responsabilità del paziente. Manuela, io realizzerò due podcast, uno in inglese e uno in italiano. Per quanto riguarda gli italiani, può magari dirci dove possono trovare il tuo libro? se ci sono, non lo so delle lezioni, dei seminari che terrai a breve, degli eventi che organizzerai per dare qualche informazione in più?

Speaker 2:

Allora il mio libro è disponibile sulla piattaforma Amazon. Per quanto riguarda il mio sito web professionale, è wwwmanuelabassetticom. Lì possono trovare tutte le informazioni, dal tipo di lavoro che svolgo, alle pubblicazioni, agli eventi. C'è un calendario in cui ossegno tutti gli eventi. Abbiamo fatto da poco un seminario, una conferenza proprio con una community che si occupa di emetofobia. L'idea è quindi di farne altre. Sicuramente a breve usciranno, diciamo, verranno pubblicati, verranno promossi altri eventi, o anche un profilo Instagram, che dal mio sito si può tranquillamente andare a trovare, dove anche lì vengono sponsorizzati tutti gli eventi che si tengono sia online sia, eventualmente, eventi in presenza. Quindi chiunque abbia, diciamo, interesse verso questo tipo di argomenti può tranquillamente trovarmi online, sia sul sito che su il mio profilo Instagram. Grazie, grazie, anna.

Speaker 2:

È stato davvero una piacevolissima conversazione. Spero di aver portato un pizzico d'Italia nella tua, nel tuo, nel tuo paese, anche per quanto riguarda un po' le informazioni in merito alle emetofobia. È stato davvero un onore per me attraversare virtualmente l'oceano e poter parlare anche al tuo pubblico e incontrarti. Quindi ti auguro veramente il meglio per la tua professione e per la tua vita. Spero, insomma, ci saranno altre occasioni di incontro e di confronto, magari anche dal vivo, chi lo sa? E ovviamente ti sperirò in omaggio la copia del libro. Quando arriva, quindi, riceverai una copia del mio libro come ringraziamento e ricordo di questa serata.

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